L’arte della distanza

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Massimo Barbaro – Marco Ercolani, L’arte della distanza, Puntoacapo, 2020
Prefazione di Antonio Devicienti, pp. 230,
20,00
ISBN 978-88-6679-230-7

Cosa accade in questo libro? Perché due scrittori mettono in comune il loro journal interiore o addirittura lo inventano scrivendosi? Perché continuano a farlo? Sembra che l’intimità necessaria a trascrivere i propri appunti diventi, nel dialogo,l’arte di una nuova distanza, che è la verifica di un’amicizia e la nascita di un libro. Dove si sviluppa la partitura, a quattro mani, di una ricerca comune, filosofica, letteraria, etica e poetica.

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Si scrive per non dimenticare le cose che si scoprono. E per illudersi, rileggendole, che qualcuno ce le racconti, risparmiandoci la fatica della scoperta.

Nel midollo, nelle ossa, nel sangue, tutto ciò che dimentichiamo viene ricordato per sempre. In una lingua che non conosciamo.

(M. Barbaro)

La scrittura è un’esperienza che non si lega alla fondazione di un linguaggio compiuto ma è la condensazione effimera di una visione notturna inafferrabile. Prima della parola, dietro alla parola, si compie la decisione del linguaggio. La scrittura, attraverso le seduzioni e le finzioni del linguaggio, vuole sempre essere vera, come sono veri i sogni che incrinano le sicurezze della veglia mescolando passato, presente, futuro. Non si propone nessuna totalità da conoscere e da comprendere interamente ma è pervasa da una sotterranea incompiutezza, da un irriducibile segreto. Nel tentativo di chiarirlo, di trovarne la soluzione, trova altri segreti e altre strade, apparentemente estranei alle vie esplorate.

(M. Ercolani)

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