Abitare la soglia

La soglia, come dice Stefano Massari, è forse la cifra delle scritture di Marco Ercolani. Bisogna usare il plurale, ormai, con Marco, anche se insisto nel dire che Sentinella, ora alla sua nuova edizione («ampliamento»), resta la mainland in quell’arcipelago che è l’esperienza letteraria di Ercolani, visto dalla mia particolarissima inclinazione dello sguardo. Sto prendendo anch’io il vizio non solo di citare senza fonti, coi corsivi – tanto peggio per i filologi, anche se: ragazzi, tranquilli… non ne avremo… (ok, va bene, parlo solo per me). Sfumare i contorni delle vecchie scritture con le nuove, anteporre il recente al passato, Ercolani lo fa con questa nuova versione di Sentinella 2010-2022 (L’Arcolaio, 2022). Come se avessimo già trovato un finale, e non volendoci rinunciare (come rinunciare al l’illusione di essere noi, a sceglierci una fine…), inseriamo nuove pagine nel bel mezzo delle vecchie (le sezioni È questa l’aurora, e La vela e il vento).
Fin qui il mio lavoro di cartografo. Non solo i rapsodi cucivano «il dolore che scuce il presente dal passato» (p. 103): potrei testimoniare come sia possibile cucire la lacerazione di presente e passato, proprio ricongiungere, riunire i lembi. Non lo farò. Ho mantenuto la mia promessa di smettere, dopo Sentinella, i vestiti da poeta. Preferisco annotare a margine, e solo sulle nuove inserzioni, un del tutto arbitrario viottolo d’erba calpestata, sempre nel solco della mia recensione del 2012, gentilmente inserita da Gianfranco Fabbri a fine testo, tra le cose di cui mi approprio, riconoscendole, nel lavoro instancabile di Ercolani.

L’aurora. E non il tramonto.

Liberi di vederli speculari. Caro, buon vecchio Fritz. Il pensiero dell’inizio…

Aereo, terrestre, non importa. Il pensiero della distanza. Dalla distanza…

Avvicinarsi all’aurora è voler anticipare il giorno. E noi no, non lo vogliamo, no.

L’acqua – ogni cosa, la vita (la parola bandita), tradiscono. Non si sa mai  come. Né perché.

Ogni muro è una porta? Volesse il cielo.

Amicizia è condividere l‘indicibile. Ma cos’è quando si condividono i silenzi?

Già, il silenzio e la scrittura. Quella soglia. Ma il silenzio non è solo futura parola, è anche parola negata, rifiutata, ricacciata in gola, e in quei rari momenti di bellezza, puramente e semplicemente inutile, di quell’inutilità che culla e avvolge, stringe in un abbraccio l’essere e il mondo. Quando ti fai mondo ed è come se ti vedessi, lì, cosa tra le cose, ed una parola sarebbe violazione del mondo. (Cosa che poi è stata, è, antropologicamente, e non solo).

Ma Ercolani ne conviene: «Inoltrarsi nelle parole: restare muti», il bianco della carta che abbaglia, indicando il silenzio, il regno d’aria delle parole, la lingua legnosa termite di se stessa, la parola usata per tacere.

Su quella soglia, orizzonti. Sino al punto in cui «sconfinare è restare nel confine».

Ma restando, svanisce ogni confine. Ora lo so.

Ed è tanto ormai che, continuando a camminare, sempre quella voglia finale di fermarsi, restare, diciamo che alle nuvole non vanno aggiunte parole. Eppure.

Marco Ercolani, Sentinella 2010-2022, L’Arcolaio, 2022
129 pp., € 13

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